Oggi desidero iniziare una nuova pagina nella quale vi propongo alcune antiche fiabe siciliane che ho illustrato a modo mio. Le ho scelte da una raccolta di Fiabe Italiane scritta da Italo Calvino. Auguro a tutti buona lettura.

C'era una volta in Sicilia un re che possedeva 4 animali: un agnello, una capra, un montone e un manzo, ai quali era molto affezionato. Desiderava, quindi, affidarli ad una persona di fiducia, che li accudisse per lui e che fosse onesta.

Un giorno il re venne a sapere che nel suo regno viveva un contadino che chiamavano Massaro Verità perché era onesto, sincero, gran lavoratore e non diceva mai bugie.

Il re lo mandò a chiamare e gli mostrò i suoi animali.

- Voglio che ti occupi di loro - disse - perché mi hanno detto che sei un uomo onesto e dici sempre la verità. Ti pagherò un prezzo onesto per il tuo lavoro, ogni sabato, quando verrai a palazzo per raccontarmi  come stanno i miei animali, specialmente il manzo, a cui tengo molto.

Il massaro accettò, così comincio' ad occuparsi degli animali del re.


Come stabilito, il sabato successivo il massaro si recò a palazzo per rendere conto al re della condizione degli animali e ricevere il compenso.

- Buon giorno a voi, Sacra Maestà!

- Buon giorno a voi, Massaro Verità! Com'è l'agnello? 

- Bianco e bello.

- Com'è la capra? 

- Bianca e ladra.

- Com'è il montone? 

- Grasso e poltrone.

- Com'è il manzo? 

- Grasso d'avanzo.

Il re, soddisfatto, dopo averlo interrogato e ascoltato le sue risposte, gli pagava la settimana di lavoro e gli dava appuntamento per il sabato successivo. 

Massaro Verità svolgeva il suo lavoro con impegno, ricevendo in cambio la fiducia e l'approvazione del re. Questo cominciò a suscitare invidia in alcuni cortigiani. Specialmente il primo ministro era livido d'invidia per la fiducia che il re manifestava al massaro e non a lui che lo aiutava nell'amministrazione del regno. Così cominciò ad insinuare sospetti nei confronti del contadino.

- Sacra Maestà- disse un giorno al re- io non posso credere che questo massaro sia onesto come dicono. Scommetto che riuscirei a trarlo in inganno per fargli dire una bugia. 

Il re si adiro' e decise di mettere alla prova il ministro e il massaro.

- E va bene - disse al ministro - se così volete, faremo una scommessa. Chi la perderà, però, perderà anche la testa. Andate e provate a far dire al massaro una bugia, se ne siete convinto.

Il ministro non ci dormiva più la notte. Pensava ad un modo per vincere la scommessa, ma non trovandolo, era quasi certo che avrebbe perso la testa. 

Un giorno raccontò a sua moglie la sua preoccupazione. Lei si offrì di aiutarlo a vincere la scommessa.

- Non preoccuparti - disse - vedrai,  ci penserò io, e dopo che ci avrò parlato il massaro sarà costretto a mentire al re. 

Il primo ministro si fido' della moglie e la lasciò mettere in atto il suo inganno. 

Mancavano pochi giorni al sabato e la moglie del ministro decise di agire. Una mattina si vestì con splendide vesti, preziosi gioielli, si pettino' e si profumo' in un modo che la rendeva affascinante ed irresistibile, poi partì per la campagna a bordo di una meravigliosa carrozza. Quando giunse alla fattoria dove erano custoditi gli animali del re, andò incontro al massaro con il più radioso dei suoi sorrisi. Gli fece mille moine e complimenti.

Il massaro, che non era abituato a simili bellezze, restò confuso e turbato di fronte a quella gran dama. Non sapeva cosa offrirle per renderle omaggio. 

- Gentile e splendida signora - le disse - cosa posso fare per onorarvi nella mia umile casa? 

- Mio buon massaro, il fatto è  che sono in stato interessante ed ho una gran voglia di una bella fetta di fegato di manzo arrostito, che se non la mangio subito, sono certa che morirò. 

- Graziosa signora, purtroppo il manzo non è  mio, ma del re, il quale gli è molto affezionato, se morisse, si arrabbierebbe moltissimo con me. Non c'è qualcos'altro,  che non appartenga al re, che potrei offrirvi?

La furba dama si mise a fare mille piagnistei, fingendo svenimenti e malori, fino a che il massaro si arrese. Così, commosso ed ammaliato, ammazzo' il manzo e cucino' il fegato per la donna.

Quella, felicissima, lo mangiò con gusto, ringrazio' il massaro e se ne tornò a casa per avvertire il marito di quanto era riuscita a fare.

Il povero massaro cominciò a pensare a quello che avrebbe potuto fare e dire per uscire da quella imbarazzante situazione. 

Massaro Verità era molto preoccupato per come avrebbe potuto reagire il re quando gli avrebbe detto che fine aveva fatto il suo manzo. 

- Che cosa posso dirgli? Che è  caduto in un dirupo? Che è stato mangiato dai lupi? Che è stato rubato? Mah! Stavolta temo che sua maestà mi farà tagliare la testa. 

Il povero massaro non ci dormiva la notte. Intanto era giunto il sabato e doveva presentarsi davanti al re. 

Mentre camminava, si fermava davanti a tutti i grandi alberi che incontrava sul suo cammino e ripeteva la sua tiritera, come se fosse davanti al re. 

Ma quando si trattava di dire com'era il manzo non riusciva ad andare avanti. Alla fine, quando era già di fronte al palazzo reale gli venne in mente la soluzione. 

Entrò e quando fu di fronte al re si inchino'.

- Buon giorno a voi, Sacra Maestà.

- Buon giorno a voi, Massaro Verità. Com'è l'agnello?

- Bianco e bello.

- Com'è la capra?

- Bianca e ladra.

- Com'è il montone?

- Grasso e poltrone.

- Com'è il manzo?

A questo punto il massaro si inchino' ancora e cominciò:

- Sacra Maestà, devo dirvi la verità. Venne una dama bella assai, io di lei mi innamorai. Ella mi fece una richiesta e così l'accontentai. Per non deluderla il manzo ammazzai e il fegato le cucinai. Per amore di una donna ho sacrificato il vostro manzo, così adesso sono pronto ad accettare il vostro castigo o il vostro perdono. 

Il ministro intanto gongolava pensando che il re si sarebbe adirato con il massaro. 

Il re invece di arrabbiarsi con il contadino, sfodero' un gran sorriso. 

- Certo, sono molto addolorato che il mio manzo sia morto, perché ci tenevo tanto, ma dicendo la verità, caro massaro, mi avete salvato la testa. Così , per questa volta, invece della punizione ecco a voi un sacchetto di monete d'oro, come premio per la vostra onestà. 

Poi rivolto al primo ministro tuonò:

- In quanto a voi, che avete osato sfidare il vostro re, avete perso la scommessa, per cui ora perderete la testa, come concordato. 

Così il ministro ci rimise la testa, mentre il massaro se ne tornò felice in campagna con il suo sacchetto di monete d'oro.


Eh, si! Dire la verità conviene!


Caterina La Sapiente.

C'era una volta a Palermo un ricco mercante che aveva una figlia bella come il Sole. La ragazza si chiamava Caterina. Dopo la morte della madre, la giovane si chiuse nel suo dolore e non volle uscire di casa per molto tempo. Se ne stava chiusa nella biblioteca della sua casa e trascorreva le giornate leggendo. Lesse tutti i libri che vi erano contenuti e divenne padrona di un vasto sapere. Sapeva discorrere su qualsiasi argomento e su ogni cosa sapeva dire la sua con molta competenza. Però era sola, non frequentava la gioventù della sua città o del quartiere e il padre era molto preoccupato per lei. Un giorno convocò gli altri padri di giovinetti dell'età di Caterina per chiedere consigli su come comportarsi con quella sua figlia così schiva e solitaria. 

- Visto che è così sapiente - disse uno di loro - perché non aprite una scuola? In questo modo potrà conoscere altre giovani e giovanotti, farsi delle amicizie e magari le verrà voglia di uscire di casa, finalmente!

Il mercante pensò che era una buona idea e decise di fare la proposta alla figlia.


Caterina ascoltò la proposta del padre e le sembrò una buona idea.

- L'idea della scuola mi piace - disse - ma voglio che sia aperta a tutti e sceglierò io stessa gli insegnanti che mi affiancheranno. 

Il padre fu d'accordo e la scuola venne aperta. Da allora Caterina fu conosciuta da tutti come  La Sapiente, perché la sua fama di insegnante preparatissima giunse in tutta la città e anche oltre. Tutti volevano andare a studiare nella scuola di Caterina La Sapiente, anche se lei era molto severa con i suoi studenti e li puniva con severe frustate, con una lunga bacchetta che teneva sulla sua cattedra, quando non rispondevano correttamente alle sue domande.   

Anche il principe del regno volle andare a studiare da Caterina e lei lo trattava esattamente come tutti gli altri. Un giorno il principe venne interrogato su una lezione e quando non seppe risolvere un problema,  perché non aveva studiato come si doveva,  Caterina gli mollò un sonoro ceffone e una bacchettata.

Il principe non si aspettava che Caterina lo punisse, poiché era figlio del re e pretendeva maggiore considerazione. Andò dal re suo padre e gli disse che si era innamorato della giovane Caterina, perché oltre ad essere bella come un angelo e molto colta, era anche straordinariamente coraggiosa, perché gli teneva testa senza alcun timore.

- Vi prego di chiedere la mano di Caterina a suo padre in mio nome, perché desidero sposarla.

Il re fece chiamare il mercante e lo informò delle intenzioni del principe.

- Informa tua figlia che il principe vuole condurla all'altare e farne la sua sposa. - gli disse.

Il mercante tornò da Caterina per informarla delle novità e le chiese se era d'accordo ad accogliere la richiesta del principe. 

- Va bene - disse - lo accetto per marito. 

Furono preparate le nozze. Il mercante preparò la dote e tutto il necessario per maritare la figlia e farla entrare a palazzo reale con la dignità che meritava. Ci fu una sontuosa cerimonia e un lussuoso banchetto per una moltitudine di ospiti. Quando gli sposi si trovarono nelle loro stanze, il principe congedò la servitù per restare solo con Caterina. 

- Ora che siamo soli - disse - devo chiederti una cosa, Caterina. 

- Dite, vi ascolto.

- Te lo ricordi lo schiaffo che mi hai dato? 

- Certo! Lo ricordo benissimo.

- E non sei pentita? Non vuoi chiedermi scusa? 

- Non ci penso proprio! Piuttosto, pensate allo schiaffo che vi dovrò dare!

Il principe alle parole di Caterina si adiro' e decise di vendicarsi di quello schiaffo che lo aveva fatto sentire umiliato. 

- Caterina, se mi chiederai scusa,  dimenticherò l'accaduto e sarò per te un marito devoto. 

- Mi dispiace, ma quello schiaffo ve lo siete meritato. Nella mia scuola tutti vengono trattati allo stesso modo. 

- Visto che resti ferma sulla tua posizione, e non vuoi piegarti alla mia volontà, ne pagherai le conseguenze. 

Così rinchiuse Caterina in una prigione.

- Uscirai di qui quando mi dimostrerai di essere diventata ragionevole e mi chiederai scusa. In un modo o nell'altro riuscirò ad addomesticarti. 

Poi se ne andò. 

Caterina, rimasta sola, cominciò a pensare a come uscire da quella situazione incresciosa. Passarono un paio di giorni e cominciò a soffrire la fame e la sete e nessuno veniva a portarle né cibo né acqua. 

Si guardò intorno, poi notò una crepa in una parete della sua prigione. Prese una stecca dal suo busto e cominciò a scavare nella crepa togliendo l'intonaco, fino a che praticò un buco nel muro. Allargò il buco fino a che pote' vedere cosa c'era dall'altra parte. Vide passare un servo ed attirò la sua attenzione.

- Sono Caterina La Sapiente - gli disse - Vai a chiamare mio padre, perché ho bisogno di aiuto. 

Il padre accorse immediatamente e quando si rese conto della situazione voleva andare dal principe a chiedere di liberare la figlia, ma Caterina gli disse di non farlo.

- Ho solo bisogno di acqua e cibo. 

Il padre le fece avere acqua e cibo. 

Caterina mangiò e bevve, poi nascose il buco nel muro ed aspettò. 

Dopo 3 giorni il principe tornò portandole cibo e acqua.

- Hai pensato allo schiaffo che mi hai dato? Mi chiedi scusa? 

- E voi avete pensato allo schiaffo che vi devo ancora dare? 

- E va bene. Allora mentre tu rifletti, ti informo che sto per partire. Andrò a Napoli per sbrigare degli affari. Al mio ritorno ne riparleremo. 

Caterina non si perse d'animo. Quando il padre andò da lei a portarle cibo ed acqua, gli chiese di aiutarla ad uscire allargando il buco nel muro. 

- Ho bisogno di imbarcarmi su una nave per andare a Napoli - gli disse - devo raggiungere mio marito in quella città. 

Il padre l'aiuto' e lei si mise in viaggio. Quando giunse a Napoli, acquistò una casa di fronte al palazzo dove abitava il principe. Si vestì magnificamente e aspettò, affacciata al balcone, di vederlo, per farsi notare da lui.

 

Non passarono 2 giorni che il principe notò la bella dama che abitava di fronte al suo palazzo. Mandò un suo messaggero con un invito per una festa che aveva intenzione di organizzare e Caterina accettò volentieri. Alla festa si parlarono, ma lei non gli rivelò la sua vera identità. Il principe rimase impressionato dalla bellezza e dall'intelligenza della sua ospite. Era meravigliato per la straordinaria somiglianza con Caterina, ma sapendo che lei era  in prigione, non pensò che potesse essere lei. 

- Al mondo ci sono ben 7 persone che si assomigliano fra loro. - disse il suo attendente quando il principe gli parlò dell'interesse che aveva per quella donna. 

Il principe continuò a frequentare la bella dama e ne era così affascinato che decise di chiederla in moglie. 

Caterina accettò e dopo 9 mesi dalle nozze partorì un figlio.

- Che nome daremo al mio primogenito? 

- Lo chiameremo Napoli. - disse Caterina. 

Vissero felici per due anni. Un giorno il principe disse alla moglie che doveva partire. 

- Devo andare a Genova, per affari. Non so quando potrò tornare. Tu aspettami qui e prenditi cura di mio figlio, tornerò prima possibile.

Caterina non protestò, ma non appena il principe partì fece i bagagli, prese suo figlio e partì per Genova. 


Giunta a Genova, Caterina fece la stessa cosa che aveva fatto a Napoli. Comprò una casa di fronte al palazzo del principe, si vestì con magnifiche vesti e si mise alla finestra aspettando che lui la notasse. Aveva cambiato pettinatura e abbigliamento ed il principe non la riconobbe. Fu incantato dalla donna che vedeva sempre dietro la finestra di fronte alla sua, così decise di inviarle un messaggero con un suo invito. Anche stavolta Caterina accetto' di incontrarlo. Fu così amabile con lui, che egli si innamorò e le propose di sposarlo. Caterina accettò e vissero felicemente a Genova per tre anni. Durante quel periodo nacque un altro figlio che chiamarono Genova. 

Un giorno il principe disse alla sua sposa che doveva partire per andare a Venezia per sbrigare degli affari. Le disse di aspettarlo, che sarebbe tornato appena possibile e nel frattempo che si occupasse del bambino. 

Caterina, appena il principe fu partito, fece preparare i bagagli e partì in carrozza verso Venezia. Giunta nella città si informò dove trovare il principe e prese una casa di fronte al palazzo dove si era stabilito. Si vestì alla veneziana, con magnifiche vesti e preziosi gioielli e passava le giornate a passeggiare sotto le arcate del balcone. 

Il principe la notò subito. Era stupito del fatto che in tutte le città dove era stato avesse incontrato delle donne che gli ricordavano Caterina La Sapiente.

- Nel mondo ci sono sette persone che si assomigliano, glielo ho già detto. - gli diceva l'attendente e il principe gli credeva. 

- Voglio conoscere la donna che vive nella casa di fronte, vai a portarle il mio invito. 

Caterina naturalmente accettò di incontrarlo. Conoscendolo, sapeva cosa gli piaceva e riuscì ancora una volta ad ammaliarlo, tanto che le chiese di sposarlo e lei accettò. Dopo un anno dalle nozze nacque una figlia femmina e la chiamarono Venezia. Trascorsero altri 2 anni,  durante i quali vissero felici a Venezia. Un giorno il principe decise di partire e tornare a Palermo. Disse alla sua sposa veneziana di attenderlo, che sarebbe tornato appena possibile e nel mentre prendersi cura della figlia. Lei promise di prendersi cura di tutto e gli auguro' un buon viaggio. Appena il principe partì, Caterina fece i bagagli, si imbarcò sulla prima nave per Palermo con i tre figli . Giunta a Palermo affidò i figli a suo padre e tornò nella prigione dove l'aveva lasciata suo marito il principe, attendendo il suo ritorno. 

Il principe pensava che dopo tanto tempo l'avrebbe trovata morta, invece la vide più bella e affascinante che mai. 

- Caterina, hai avuto molto tempo per pensare e riflettere. Te lo ricordi lo schiaffo che mi hai dato? Ti sei pentita finalmente? 

- Mio principe, e voi, ci avete pensato allo schiaffo che devo ancora darvi? 


Il principe non riusciva darsi pace. Questa sua moglie era ostinata e nemmeno passare tutto quel tempo in prigione l'aveva addomesticata. 

- Bada, - le disse - dirò a tutti che sei morta e mi risposero' con un'altra donna e ti lascerò qui in questa brutta prigione per il resto della tua vita. Chiedimi scusa e tornerà tutto come prima. 

Ma Caterina fu irremovibile. 

- E va bene, sia come vuoi. Resta pure qui. 

- Vi auguro tanta felicità. - gli disse Caterina. 

Il principe la lasciò e mandò un messaggero per chiedere in sposa la principessa d' Inghilterra. Nel frattempo fece preparare tutto per le prossime nozze. 

Il giorno del matrimonio, la principessa d'Inghilterra era già davanti alla chiesa in attesa di entrare insieme al principe. 

Caterina si presentò insieme ai tre figli e li invitò a fare gli auguri al proprio padre. Il principe rimase di sale vedendola insieme ai tre bambini.

- Che ci fai qui? E come mai sei insieme ai miei figli? 

- Mio principe, volete dire i nostri figli!

Poi gli spiegò tutta la storia delle tre donne che aveva sposato in tre città diverse. 

- Hai ragione tu, Caterina. - disse infine il principe - Mi hai dato un bello schiaffo stavolta e me lo sono proprio meritato. Spero che vorrai perdonarmi. Ti ho sempre cercata in ogni donna che ho sposato, perché sei la sola che posso amare, anche se sei ostinata! 


La povera principessa di Inghilterra che aveva assistito alla scena corse via in lacrime, sentendosi umiliata per essere stata ingannata. 

Da quel giorno Caterina, il principe e i loro figli vissero insieme felici e contenti e noi siam qui che ci arrotiamo i denti.